mercoledì 27 febbraio 2013

Elezioni politiche, un primo commento “a caldo”

Andrea Martini
beppegrilloI risultati giungono con lentezza, inframezzati da improbabili e inattendibiliistant poll, e si intrecciano con le norme farragginose e antidemocratiche di una legge elettorale fatta per conservare il potere e non per misurare lealmente e in modo trasparente la volontà delle elettrici e degli elettori.
Ma la valutazione sui risultati di fondo e sul quadro postlettorale si definisce con nettezza.
Il risultato sconfessa tutte le previsioni e gli auspici: la “macchina da guerra” di Bersani fallisce l’obiettivo e, ancora una volta, il disegno del PD di conquistare il governo approfittando di una presunta rottura tra i principali esponenti della classe dominante e il personale politico della destra berlusconiana si arena. E a restare fortemente delusi sono anche gli altri grandi attori della politica: i “mercati” e i tecnocrati della UE e della BCE che vedono con terrore la prospettiva di una grande ingovernabilità di un paese grande e cruciale come l’Italia. Certo, il loro uomo di riferimento in Italia era Monti, ma erano tutti consapevoli che Supermario avrebbe potuto al massimo giocare un ruolo di supporto e di condizionamento di un governo presieduto da Bersani. E invece, probabilmente, il parlamento resterà segnato in maniera determinante non solo dal successo di Grillo ma anche e soprattutto per loro dalla sconfitta e dal ridimensionamento del progetto centrista.

Chi vince, chi perde


bersani-berlusconidi Salvatore Cannavò da Il Fatto Quotidiano
Berlusconi è il principale sconfitto lasciando sul campo oltre 6 milioni di voti. Ma il Pd, con la perdita di 3,5 milioni di voti, ne oscura il tracollo.
Lo tsunami elettorale ha colpito innanzitutto il centrodestra, ma si è abbattuto inaspettatamente anche sul Pd. L’analisi dei dati reali, fatta dall’Istituto Cattaneo, mette da parte le percentuali e utilizza i voti assoluti per capire come si sono spostati fisicamente milioni di consensi da una parte all’altra. Con questa analisi, ad esempio, si scopre che il principale sconfitto delle elezioni è proprio Silvio Berlusconi che, sottolinea l’Istituto, ha subito “una riduzione dei consensi tra il 2008 e il 2013 pari a quasi il 50%” lasciando per strada 6.296.744 voti. Nelle regioni centrali il partito di Berlusconi perde esattamente la metà dei consensi (-50,1) mentre l’unica area dove “contiene” la sconfitta è il Nord-est in cui la riduzione dei voti è stata in media del 30% riducendosi al 34% in Veneto.

mercoledì 13 febbraio 2013

AL SAN RAFFAELE: UN NO IN DIFESA DELLA DIGNITA’ DEL LAVORO


Malgrado le pressioni interne, la disinformazione della stampa e il ricatto dei licenziamenti, quasi il 90% di lavoratori e lavoratrici hanno partecipato al referendum e in grande maggioranza (il 55%) hanno risposto No.

Ecco le ragioni:
1)      Rotelli, il nuovo proprietario, accettava di ritirare i 244 licenziamenti, ma solo quelli oggi previsti, senza impegni a non riproporli in seguito, magari mascherati da esternalizzazioni;
2)     I 244 licenziamenti non tengono conto di nessun criterio obiettivo (anzianità, carichi famigliari, famiglie monoreddito, ecc.) e in molti casi lasciano prevedere la chiusura di reparti, con altri licenziamenti e perdita di qualità  del servizio;
3)     L’accordo imponeva un taglio salariale del 9/10% (ma non per le fasce alte -medici e dirigenti-) intaccando le indennità contrattuali mentre i lavoratori erano disposti ad accettare una riduzione media del 7% ma solo attingendo al salario accessorio.
4)     La Direazione respingeva la richiesta di porre un termine al periodo di taglio salariale e la possibilità per i lavoratori di avere informazioni sullo stato deficitario dell’Ospedale (che motiverebbe i sacrifici imposti ai dipendenti);
5)     La bozza prevedeva il passaggio dal contratto degli ospedalieri pubblici a quello degli Ospedali privati (AIOP) che comporta una riduzione del salario, l’aumento (senza compenso) di due ore dell’orario settimanale e la perdita degli istituti normativi (diritto allo studio, permessi retribuiti, costo mensa, ferie estive).
6)     Nella bozza non vi era nessun impegno da parte della Direzione di ritirare il blocco di tutti gli accordi aziendali degli ultimi trent’anni, quelli salariali come quelli in difesa della dignità del lavoro e perfino quelli strettamente funzionali ad assicurare la qualità dell’assistenza. 

QUEL NO E’ STATO QUINDI UN ESEMPIO DI DIGNITA’ E DI DISPONIBILITA’ ALLA LOTTA
CHE DEVE ORA PROSEGUIRE CON L’APPOGGIO DI TUTTI.

L’ostinazione della Direzione, i 244 licenziamenti, la denuncia degli accordi già in essere, il rifiuto di qualsiasi discussione con le Rappresentanze sindacali fanno parte dall’attacco generalizzato condotto in queste settimane all’intero comparto della Sanità, pubblica e privata. Tutto questo mette in pericolo non solo i posti di lavoro, la possibilità di sopravvivenza delle famiglie, ma anche la qualità delle prestazioni rese ai cittadini utenti dal Servizio Sanitario Nazionale, pubblico e privato.

IL SOSTEGNO ALLA LOTTA DEL SAN RAFFAELE E’ QUINDI INTERESSE DI TUTTI,
LAVORATORI DEGLI OSPEDALI E CITTADINI UTENTI.
Per questo è necessario:
-        respingere i prevedibili licenziamenti al San Raffaele contestandoli sul piano legale e respingendoli con la mobilitazione;
-        costituire una cassa di resistenza che aiuti i lavoratori in lotta e i licenziati a resistere anche a lungo;
-        costruire un efficace coordinamento dei lavoratori ospedalieri intorno alla vertenza del San Raffaele;
-        costringere le autorità locali (dai Comuni -in particolare Milano- alla Regione) a uscire dalla indifferenza dimostrata finora per assumere precisi impegni
-        costituire comitati di appoggio a queste vertenze per dimostrare l’attenzione dei cittadini utenti a una vicenda che li riguarda anche direttamente;
-        se l’attuale proprietà, malgrado i tanti apporti di denaro pubblico, non si dimostrerà in grado di far funzionare questo ospedale ai livelli qualitativi necessari, si porrà la necessità di passare a una proprietà pubblica, controllata in forme realmente democratiche dai lavoratori e dagli utenti.

LA NOSTRA SOLIDARIETA’ CON LAVORATRICI E LAVORATORI DELLA SANITA’ E DEL SAN RAFFAELE SI MANIFESTERA’ PARTECIPANDO ATTIVAMENTE A TUTTE LE INIZIATIVE CHE VERRANNO PROPOSTE.

Sinistra Critica Milano

domenica 10 febbraio 2013


L’assassinio di Chokri Belaid è un attacco alla libertà delle/dei tunisine/i

Comunicato di Sinistra Critica
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Solidarietà con il Fronte popolare tunisino contro le politiche reazionarie e neoliberiste
Sostegno alle/ai rivoluzionari/e tunisine e alle/ai lavoratrici/lavoratori in sciopero
Smentendo i troppi becchini che avevano già dato per morto e seppellito il processo rivoluzionario iniziato in Tunisia nel dicembre 2010, migliaia di donne e uomini sono scesi in piazza negli ultimi due giorni a Tunisi e nelle altre città del paese per protestare contro l’omicidio politico di Chokri Belaid, leader del «Partito dei patrioti democratici uniti» (Watad) e del «Fronte popolare per il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione», del quale Watad è parte.
Per protestare e per riaffermare gli obiettivi di quella rivoluzione.
Le proteste rappresentano infatti non solamente una risposta ferma e organizzata all’omicidio del leader democratico, ma soprattutto la consapevolezza dei settori rivoluzionari tunisini che quell’omicidio porta la responsabilità morale e politica dei settori islamisti al governo e dei loro alleati salafiti – che già avevano pesantemente minacciato Belaid nelle scorse settimane in seguito a suoi interventi in difesa delle libertà in Tunisia e di critica al partito di governo per le sue politiche reazionarie e per la sua tolleranza nei confronti di aree violente ed estremiste che agiscono indisturbate contro i diritti (e i corpi) delle donne e le libertà civili.
A queste proteste che ancora oggi hanno riempito le strade delle città tunisine, e che sono state ancora una volta violentemente represse, farà seguito (oggi) uno sciopero generale indetto dall’Ugtt nella giornata dei funerali del leader democratico, dopo che nei mesi scorsi altri scioperi erano stati condotti contro gli attacchi alle libertà sindacali e gli attentati nei confronti delle sedi delle organizzazioni dei lavoratori.
La solidarietà che esprimiamo oggi verso la sinistra tunisina, verso le lavoratrici e i lavoratori in sciopero e verso la popolazione nel suo insieme non è solamente una risposta all’omicidio di Chokri Belaid, ma una dichiarazione di sostegno alle rivendicazioni che i settori democratici e della sinistra rivoluzionaria avanzano nell’attuale situazione tunisina:
* contro la linea del partito di governo Ennahda, reazionaria, antidemocratica e contraria ai diritti delle donne;
*per la cancellazione del debito e degli accordi di cooperazione con le forze economiche e politiche che ancora vogliono tenere la Tunisia sotto il dominio neoliberista;
*contro la disoccupazione e per il diritto al lavoro;
* per la difesa delle classi popolari e delle regioni svantaggiate;
*per combattere le illusioni riguardo al polo liberale riunito intorno a vecchi esponenti del partito già di Ben Ali;
* per la caduta del governo e la creazione di governo popolare che risponda ai bisogni di lavoratrici e lavoratori e porti avanti i contenuti per i quali le/i tunisine/i hanno fatto la rivoluzione: libertà, giustizia sociale, democrazia, dignità.
La rivoluzione tunisina non è stata fermata – così come non lo sono state quelle degli altri paesi della regione araba – e deve avere il massimo sostegno delle forze democratiche, anticapitaliste e rivoluzionarie, in particolare del Mediterraneo.
Esprimiamo oggi il nostro lutto per la perdita di Chokri Belaid e dichiariamo il nostro impegno a partecipare alle iniziative di protesta che in Italia si stanno svolgendo nei pressi dei consolati della Tunisia a fianco delle/dei migranti tunisine/i nel nostro paese e agli incontri internazionali, contro il debito e le politiche di austerità, che il Fronte popolare tunisino sta organizzando.
Sinistra Critica

giovedì 7 febbraio 2013

M5 - una buona notizia? Solo in parte.

Domenica 11 febbraio a Milano s’inaugurerà il primo tratto della linea metropolitana 5, che collegherà i capolinea di Zara e Bignami, portando il numero di stazioni della rete a 101.

Una buona notizia? Solo in parte, perché l’evento non basta a nascondere l’assenza di iniziativa dell’amministrazione Pisapia in tema di trasporto pubblico locale.

Ben poche sono le opere effettivamente avviate, se si fa eccezione per la nuova corsia preferenziale lungo viale Umbria e viale Piceno, destinata alla circolare filoviaria, i cui lavori peraltro procedono a rilento.

Ancora peggio per quanto riguarda gli annunciati interventi per aumentare la velocità delle linee tranviarie: non si sono viste le promesse corsie riservate ai mezzi pubblici, e pure l’asservimento dei semafori non decolla, salvo qualche esperimento spesso inefficace.

E intanto che nel capoluogo lombardo s’inaugura la prima metrò senza conducente, a poca
distanza, a Monza, Nord Est Trasporti, azienda del gruppo Atm, licenzia 21 autisti, a causa del taglio dei trasferimenti da parte del comune della Brianza.
Lavoratori che, sinora, la “casa madre” Atm si è rifiutata di riassorbire nei propri organici.